AL CUORE DEL SUCCESSO NELLA VENDITA: L'INTELLIGENZA EMOTIVA

Cristina Mariani
La vendita è un'attività umana, non si tratta di un processo semplice o schematico: per questo vale la pena allenare l'intelligenza emotiva del venditore, in quanto il ritorno dell'investimento relativo è alto. 
Vendere? Sembra facile: ho un prodotto, cerco dei clienti, presento, discuto, concludo.  
Acquistare? Sembra facile: ho un bisogno, cerco una soluzione, valuto più opzioni, scelgo, compro. 
Un processo tutto sommato semplice e schematico, pur con mille sfumature per le specificità di contesto e di settore. Proprio come le leggi della fisica: la forza di gravità che c'è sulla Luna è diversa da quella terrestre, così come vendere zucchero ai pasticceri è diverso dal vendere tecnologia in Kazakistan, ma le leggi che regolano la gravità sono le stesse ovunque nell'universo, così come i principi fondamentali della vendita. 
E la vendita è attività profondamente umana; BtB o BtC, è sempre human-to-human, da un essere umano all'altro; un po' mente e un po' cuore, un po' scienza e un po' arte. Da ex-venditrice, ora docente in area commerciale, per me la vendita è sia tecnica che emozione. 
 
Ho iniziato a occuparmi di intelligenza emotiva perchè mi sono accorta che nel supporto alle reti di vendita - gestire i clienti, per il venditore e gestire i venditori, per il capo area o responsabile commerciale - la formazione tecnica ha un limite.  
Comprendo cosa dovrei fare e magari so come farlo nel modo migliore, ma metterlo in pratica a volte non è facile. Avere intelligenza emotiva nella vendita significa colmare il gap tra sapere e fare; un esempio? So che dovrei fare una certa cosa (ascoltare il cliente, riformulare l'obiezione, fare almeno 3 domande prima di chiudere...) ma poi mi "parte la pancia" e non lo faccio.  
 
Da trainer, lo vedo nei role-play, le simulazioni che si usano per allenare quanto appreso. La ragione comprende, la testa dice di sì. Ma poi, nel role-play, si fa tutt'altro. L'emozione blocca la ragione e, se non si trova un modo per affrontarla, si mette di traverso e ostacola la crescita. 
Se invece divento consapevole delle mie emozioni e dei miei blocchi, li posso superare. O li posso gestire, se - come capo - li osservo nei miei venditori. 
 
Negli anni ho individuato una serie di "blocchi" emotivi, che ironicamente identifico come le "sindromi" che possono affliggere i commerciali: 
 
- Sindrome della porta in faccia: "Cosa ci vado a fare? Tanto non sono interessati..." 
- Sindrome del brutto anatroccolo: "I concorrenti sono meglio.." 
- Sindrome dell'impostore: "Non lo comprerei neanch'io, come faccio a venderlo?" 
- L'anti-Darwin, o la resistenza al cambiamento: "Che bisogno c'è del CRM?" 
- Il venditore nostalgico: "Era meglio prima, una volta era tutto più semplice..." 
- Il succube: "Il cliente ha ragione. Punto." 
- Il narcisista: "Il cliente compra solo perchè ci sono io." 
- Il possessivo: "Il cliente è mio, non dell'azienda." 
 
Ma quanto sono frequenti questi "blocchi" nella realtà? E qual è - secondo i manager - il ruolo dell'intelligenza emotiva per l'efficacia della vendita? 
 
Peter Gritsch, ingegnere aerospaziale e key account manager in un'azienda del settore oil&gas, attualmente lavora in Kazakistan e gestisce un team di venditori junior. "L'intelligenza emotiva è sicuramente una skill strategica e secondo me tutto parte dall'ascolto: comprendere lo stato d'animo del cliente presuppone un ascolto vero, attento, completo. Ma noto con stupore, a volte anche su me stesso, che le "ombre" che ci trasciniamo dietro e la tensione del momento spesso ci inducono a non ascoltare".  
 
Ma in cosa consiste l'intelligenza emotiva? "Si basa su una Logica E-E, che richiede un continuo equilibrio di testa e cuore, la sinergia di opposti complementari: Emozioni Intelligenti - Intelligenza Emozionata" afferma Enrica Brachi, senior trainer ed esperta in innovation management: "Saper ascoltarsi e ascoltare l'altro contemporaneamente; per questo si parla di competenze, "saper fare", insieme a saper essere/trasformarsi - Mindset/Atteggiamenti di crescita verso le sfide, la possibilità di apprendere, rimanere in apertura." 
 
Daniel Goleman, lo "scopritore" dell'intelligenza emotiva, sostiene che rilevare e gestire le emozioni altrui è un tratto comune delle persone di successo e questa skill è ancor più cruciale nei processi commerciali, in cui intuire il pensiero del cliente è fondamentale. "Se c'è fretta di raccontare quello che abbiamo in testa o si vuole forzare una posizione, non lasciamo all'altro il tempo di esprimersi e quindi non comprendiamo le sue vere intenzioni", prosegue Gritsch, "Non c'è niente di peggio che portare avanti una trattativa su basi imprecise. Si sprecano tempo, energie e a volte anche risorse economiche". 
 
E i "blocchi" emotivi nella vendita? "Nella mia esperienza di capo, li ho incontrati tutti e in particolare la "sindrome della porta in faccia": il venditore dice, che vado a fare dal cliente, se so che non comprerà?" continua Gritsch, che così risponde: "Inutile impuntarsi e dire che non è vero, meglio accogliere l'emozione e riformulare l'obiettivo: forse è vero che il cliente non è interessato, ma se ci vai potrai scoprire cos'altro gli serve. Non vai a vendere, ma ad ascoltare e ad avviare una relazione ". Se il venditore presenta un blocco emotivo, la risposta del suo capo deve essere prima emotiva e poi razionale. Se al sentimento si oppone subito la ragione, il blocco anzichè sciogliersi rischia di rafforzarsi. E ancora vince l'ascolto, una soft skill assolutamente necessaria. 
 
Sentiamo ora Matteo Carucci, responsabile vendite canale bakery di Italcanditi, azienda bergamasca nel settore food. La vendita è testa o cuore? Prezzo/valore/consegne/pagamenti o sentimento/empatia/fiducia?  
"Entrambe le cose. La vendita ti deve piacere come attività umana, prima che come lavoro. Le regole del gioco sono fisse, come quelle del poker: il cliente chiede il massimo in termini di prodotto, qualità e consegne e propone il minimo in termini di prezzi, fedeltà e volumi. Ma se il cliente alza la voce, io chiudo. Non è chi aggredisce che vince; qualunque sia la posta in gioco o gli ordini sul tavolo, la relazione umana e personale ha la precedenza su tutto." Human to human, quindi, non solo mero scambio di prodotti contro denaro. 
 
E i "blocchi" emotivi nei venditori? A Carucci conosce bene il venditore "succube" del cliente. Come ha risolto? "Imporre un approccio diverso, più assertivo e deciso, non si può. Nemmeno ripaga delegittimare il venditore dall'oggi al domani: devi invece responsabilizzarlo perchè si renda conto che è lui il primo a trarre beneficio da un cambiamento di visione" sostiene Carucci. "L'obiettivo è aiutarlo a trasformarsi da venditore a imprenditore, da "succube" a "gestore" del cliente, facendo capire la bellezza di questo nuovo ruolo". 
 
Ma cambiare "cuore" non è facile, per cui il responsabile commerciale "illuminato" accoglie la fatica e accompagna il venditore, magari in affiancamento, per modellare un comportamento diverso. Ma senza scavalcarlo. "Io dico sempre ai miei collaboratori - il cliente è tuo, la gestione è tua. E al cliente piace essere gestito: ti prende più sul serio. Il cliente ti domina quando tu non lo gestisci; da un lato è contento perchè riesce a spuntare prezzi e condizioni, ma dall'altro si sente sperso se ottiene tanto in modo troppo facile. Se invece il cliente ti vede come un punto di riferimento, come un consulente, ti rispetta di più e diventa tuo partner. E non ti molla quando trova un prezzo un po' più basso (come spesso accade)." E questa è emozione, non testa.  
 
Da cosa si capisce che il venditore è "guarito" dalla sindrome e non è più "succube? "Anche dalle parole che usa: non dice più "il cliente mi ha chiesto..." ma "Io ho proposto al cliente".....Il linguaggio rivela l'atteggiamento.
 
Le aziende sono fatte di persone e anche nell'Industria 4.0 sono sempre le persone a far succedere le cose; esseri umani dotati di testa, pancia e cuore. Ma su di loro bisogna investire. Matteo Carucci ne è convinto: "Per avere dei bravi collaboratori li devi aiutare a crescere sia per quanto riguarda la tecnica che l'emotività" dice ancora Carucci. " Invece, soprattutto nelle funzioni commerciali, in molte aziende manca un approccio manageriale alla crescita delle persone. Oppure si prende il venditore-star, il Cristiano Ronaldo della situazione, magari sottratto a caro prezzo dalla concorrenza, ma non si lavora alla costruzione e alla crescita della squadra". E qual è la ragione? "In molte PMI si pensa che per vendere non serva poi granchè, e quindi si formano le persone sull'IVA o sulla sicurezza, ma non su come essere più efficaci nel lavoro commerciale" conclude il manager. 
 
Cosa che appare assurda perchè i venditori sono quelli che più impattano sul fatturato, dato che lo generano loro. 
  
Per concludere, sentiamo ancora l'opinione di Enrica Brachi su una "sindrome" diffusa, quella della resistenza al cambiamento, o anti-Darwin; l'opporsi ad alcune inevitabili evoluzioni, a volte di prodotto o di mercato e a volte di tecnologia, ad esempio il CRM. In ogni innovazione c'è il rischio di "blocco" se prevale la paura, ma come fare per superarlo? "E' cruciale il ruolo della "preparazione" mentale ed emotiva per essere agili e resilienti, utilizzando le pìù recenti evidenze scientifiche - neurobiologia, psicologia positiva, Happiness Science - per tradurle in comportamenti concreti. " Per iniziare a gestire la resistenza al cambiamento nei suoi venditori, il manager dovrebbe riconoscere e accogliere il disagio, ma anche supportare il venditore nell'espandere la sua zona di comfort e trasformare il problema in opportunità di crescita. E con quello che spesso costa il software, sarebbe davvero un peccato se le potenzialità dell'investimento fossero ridotte o addirittura vanificate da una mancata accettazione dello strumento da parte di chi lo dovrebbe usare.  
 
Val la pena dunque, anche economicamente, allenare l'emotività del venditore, o si tratta dell'ennesima "moda"? L'ignoranza rischia di costare caro: l'evidenza scientifica dimostra che il ritorno dell'investimento sull'intelligenza emotiva è alto, tanto che nelle multinazionali e nelle aziende più avanzate si sta lavorando molto su questo tema.  
Conclude Peter Gritsch: "Se il venditore ha la "sindrome del brutto anatroccolo" ma lavora sulla sua emotività, magari scopre di essere un bellissimo cigno". E lavora meglio. 
Creato con